RIFORMA DELLO SPORT – Dilettante ad amatore sportivo – parte V°

RIFORMA DELLO SPORT – Dilettante ad amatore sportivo – parte V°

È introdotta la figura dell’amatore sportivo.

Le SSD e le ASD, le Federazioni Sportive Nazionali, le Discipline Sportive Associate e gli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI, possono avvalersi nello svolgimento delle proprie attività istituzionali di amatori che mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere lo sport, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ma esclusivamente con finalità amatoriali.

Gli amatori si rendono disponibili nell’ambito dello svolgimento diretto dell’attività sportiva, nonché della formazione, della didattica e della preparazione degli atleti.

Le loro “prestazioni” sono incompatibili con qualsiasi rapporto di lavoro quindi non possono essere retribuite in alcun modo, nemmeno dal beneficiario, possono invece ricevere:

  • premi e compensi occasionali in relazione ai risultati ottenuti nelle competizioni sportive;
  • indennità di trasferta e rimborsi spese, anche forfettari, di cui art.69 co.2 del TUIR (DPR 917/1986).

Nel caso le suddette indennità di trasferta e rimborsi spese superino il limite reddituale dei 10 mila euro, le prestazioni sportive sono considerate di natura professionale per l’intero importo.

Le ASD e SSD devono assicurarli per la responsabilità civile verso terzi.

I prossimi interventi legislativi dovranno:

  • spiegare la contraddizione dei due articoli sopra esposti – occasionalità;
  • stabilire se la figura dell’amatore sportivo è compatibile o come con il volontario previsto dal CTS.
RIFORMA DELLO SPORT – Il fine di lucro – parte IV°

RIFORMA DELLO SPORT – Il fine di lucro – parte IV°

L’art.8 D.lgs 36/2021 prevede che ASD e SSD destinino gli avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del proprio patrimonio.

La norma conferma come in passato il divieto alla distribuzione, diretta o indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominati, a soci o associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di scioglimento individuale del rapporto.

Per le SSD è prevista la possibilità di:

  • destinare una quota inferiore al 50% degli utili ad aumento gratuito del capitale sociale, nei limiti dell’indice ISTAT di inflazione annua;
  • distribuire utili ai soci, in misura non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi aumentati di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;
  • rimborsare al socio il capitale effettivamente versato e eventualmente rivalutato secondo gli indici sopra esposti.

Per usufruire della deommercializzazione dei corrispettivi specifici, l’art.148 co.8 del TUIR richiede che nello statuto dell’ente sportivo sia previsto il divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione e che la quota associativa sia intrasmissibile e non rivalutabile.

Secondo la normativa fiscale attuale, se gli enti sportivi vorranno decommercializzare i corrispettivi specifici, non potranno recepire quanto previsto dalla riforma.

RIFORMA DELLO SPORT – Attività principali e secondarie – parte III°

RIFORMA DELLO SPORT – Attività principali e secondarie – parte III°

Il D.lgs 36/2021 individua le attività principali e le attività secondarie che un ente sportivo può svolgere:

  • organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica;
  • attività diverse, devono essere previste dall’atto costitutivo o dallo statuto. Devono avere  carattere secondario e strumentale rispetto alle attività istituzionali, secondo criteri e limiti definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell’autorità politica da esso delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.

I parametri per definire il carattere secondario delle attività diverse saranno definiti da un apposito decreto.

Le nuove disposizione potrebbero non coincidere con la L.398/1991.

RIFORMA DELLO SPORT – La compatibilità tra ente sportivo ed ente del Terzo Settore – parte II°

RIFORMA DELLO SPORT – La compatibilità tra ente sportivo ed ente del Terzo Settore – parte II°

L’art.3 del D.lgs 36 descrive al co.2 lett.a: riconoscere il valore culturale, educativo e sociale dell’attività sportiva, quale strumento di miglioramento della qualità della vita e di tutela della salute, nonché quale mezzo di coesione territoriale”.

All’art.6 co.2 prevede che gli enti sportivi dilettantistici, possano assumere la qualifica:

  • di enti del Terzo Settore, ai sensi dell’art.5 co.1 lett.t del D.lgs 117/2017;
  • di impresa sociale, ai sensi dell’art.2 co.1 lett.u del D.lgs 112/2017.

Le norme del presente decreto trovano applicazione solo in quanto compatibili.

Gli enti sportivi che volessero iscriversi anche nel Registro Unico del Terzo Settore, assumendo quindi anche la qualifica di ETS, dovranno rispettare i requisiti e gli adempimenti previsti da entrambe le normative.

In caso di potenziale contrasto tra le due discipline, occorrerà fare riferimento prioritariamente a quella del Terzo Settore.

L’ente sportivo che volesse assumere anche la qualifica di ETS dovrà applicare il regime fiscale previsto dall’art.79 del Codice del Terzo Settore (D.lgs 117/2017).

RIFORMA DELLO SPORT – Gli argomenti dei cinque decreti – parte I°

RIFORMA DELLO SPORT – Gli argomenti dei cinque decreti – parte I°

I decreti di riforma dell’ordinamento sportivo sono la diretta attuazione degli articoli 5,6,7,8 e 9 della Legge delega 86/2019

I cinque decreti pubblicati in Gazzetta Ufficiale intervengono in materia di:

  • riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici del rapporto di lavoro sportivo
  • rapporti di rappresentanza degli atleti e delle società sportive e di accesso ed esercizio della professione di agente sportivo
  • riordino e riforma delle norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi e della normativa in materia di ammodernamento o costruzione d’impianti sportivi
  • di adempimenti relativi agli organismi sportivi
  • sicurezza nelle discipline sportive invernali

Il  Decreto Sostegni, nella sua conversione aveva posticipato al 31 dicembre 2023 l’entrata in vigore dei decreti legislativi contenenti la riforma dello sport (co.7 a 11 art.30).

Contro il CTS – i regimi esclusi e quelli previsti

Contro il CTS – i regimi esclusi e quelli previsti

Gli enti associativi diversi dalle associazioni sportive dilettantistiche (ASD) dovranno valutare l’impossibilità di applicare il regime forfetario di cui alla Legge 16 dicembre 1991, n. 398, per le attività commerciali a partire dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea sulle misure fiscali e comunque non prima del periodo di imposta successivo all’operatività del RUNTS.

La Legge 16 dicembre 1991, n. 398, era inizialmente riservata alle sole associazioni sportive successivamente, l’art. 9-bis Decreto Legge 417/1991, conv. con modificazioni, L 66/1992, ampliava la platea degli enti destinatari del regime agevolato, prevedendo che alle associazioni senza fini di lucro in genere e alle associazioni pro loco si applicano le disposizioni di cui alla legge di cui sopra.

Il Codice del Terzo settore ha abrogato proprio il sopracitato articolo 9-bis del decreto-legge 30 dicembre 1991, n. 417, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1992, n. 66, ottenendo così l’effetto di ricondurre la possibilità di applicazione del regime 398/91 alle sole ASD, a partire dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea sulle misure fiscali e comunque non prima del periodo di imposta successivo all’operatività del RUNTS.

Le associazioni senza scopo di lucro che svolgono anche attività commerciali saranno perciò, a brevissimo, orfane del regime di cui alla L. 398/91.

Q”uali sono i possibili rimedi?

L’articolo 86 del Codice del Terzo settore, offre un regime forfetario per tutte le attività commerciali svolte da APS e ODV.

Cosa prevede in breve

Le APS e le ODV interessate sono quelle che nel periodo d’imposta precedente hanno percepito ricavi, ragguagliati al periodo d’imposta, non superiori a 130.000 euro.
Le ODV, determinano il reddito imponibile applicando all’ammontare dei ricavi percepiti un coefficiente di redditività pari all’1 per cento.
Le APS, determinano il reddito imponibile applicando all’ammontare dei ricavi percepiti un coefficiente di redditività pari al 3 per cento.

L’articolo 86 dispone che le APS e le ODV che optano per il regime forfetario non eserciteranno alcuna rivalsa né detrazione dell’Iva essendo considerate, sotto il profilo dell’imposta sul valore aggiunto, al pari di un privato consumatore.

Se viene superato il limite del 130.000

Un’altra possibilità, molto meno favorevole a dire il vero, è data dall’art. 80 del Codice del Terzo settore, per la generalità degli Enti del Terzo settore NON commerciali.
Il coefficiente di tassazione, dipende dalla natura del ricavo (servizi o altre attività), ed è sensibilmente più alto rispetto a quanto visto in precedenza per l’art. 86.

PRESTAZIONI DI SERVIZI   ALTRE ATTIVITA’
Ricavi fino a 130.000 Coeff. 7%    Ricavi fino a 130.000  Coeff. 5%
Da 130.001 a 300.000 Coeff. 10%    Da 130.001 a 300.000  Coeff. 7%
Oltre 300.000 Coeff. 17%    Oltre 300.000  Coeff. 14%

Il regime di cui all’art. 80 del Codice del Terzo settore non contiene agevolazioni in merito all’IVA, che verrebbe quindi determinata ordinariamente, con tutti gli adempimenti connessi.

L’ultima e peggiore ipotesi per gli enti che perdono la possibilità di applicazione del regime 398/91 è la non applicazione di alcun regime sostitutivo e la conseguente determinazione di IVA e Redditi con metodi ordinari.

Il concetto di inerenza nuova delizia nel controllo della spesa

Il concetto di inerenza nuova delizia nel controllo della spesa

L’inerenza concetto che viene sempre più applicato nelle ASD / SSD per stabilire se l’uscita registrata è da ritenersi corretta.

Nel determinare il reddito di impresa l’ordinamento tributario non prevede per le componenti negative di reddito un criterio di ordine casistico per l’individuazione delle fattispecie ammissibili viene invece fatto riferimento ad un principio di ordine generale quale criterio utile per determinare la deducibilità fiscale dei costi sostenuti nell’attività di impresa, confrontando la “giustificazione” concessa a tale proposito per analogia si determina l’inerenza della spese in un ente non commerciale.

I costi, in questo caso le spese, debbono essere “inerenti” all’attività svolta.

Il principio di inerenza non è disciplinato specificatamente da alcuna norma di diritto, è invece direttamente ricavabile dalla lettura delle norme che regolano la materia del reddito d’impresa, “Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi”.

Un paradosso confrontare le spese che rettificano il reddito con l’inerenza di chi reddito non lo ha.

Ma cosi è.

Il 1° giugno riapriranno le palestre

Il 1° giugno riapriranno le palestre

sarà necessario rifare o comunque rinnovare i contratti ai 200.000 lavoratori sportivi impegnati nel settore.

Sarà opportuno verificare quali siano le soluzioni per l’inquadramento dei collaboratori sportivi, in questa stagione che ci dovrebbe traghettare definitivamente all’ entrata in vigore della nuova disciplina sui rapporti di lavoro nello sport.

Ad oggi non abbiamo nessuna certezza sulla decorrenza della riforma, prevista per il 1 luglio 2022 ma che pare ancora lunga a venite, sia sui contenuti della stessa, data la moltitudine di richieste e promesse di variazione, appare comunque opportuno l’inserimento, nel contratto, di clausole che possano cercare di evitare che l’eventuale maggior costo previsto e prevedibile, derivante dalla novella legislativa sul lavoro, che ricada su ASD SSD e atleti destinatari della riforma.

Cosa debbono prevedere gli statuti

Cosa debbono prevedere gli statuti

Gli Esd devono tutti costituirsi
con un atto scritto nel quale
deve essere indicata la loro sede
legale. Il loro statuto deve
avere i contenuti minimi essenziali
e quindi prevedere:
1- la denominazione, che deve
essere formata indicando la finalità
sportiva o la natura sportiva
dilettantistica dell’ente;
2- l’oggetto sociale, che deve
consistere nell’esercizio in via
stabile e principale dell’organizzazione
e gestione di attività
sportive dilettantistiche, ivi
comprese la formazione, la didattica,
la preparazione e l’assistenza
all’attività sportiva
dilettantistica;
3- l’attribuzione della rappresentanza
legale;
4- l’assenza di fini di lucro;
5- le disposizioni sull’ordinamento
interno che deve essere
ispirato a principi di democrazia
e di uguaglianza dei
diritti di tutti gli associati e all’elettività
delle cariche sociali,
fatte salve le Ssd per le quali
si applicano le disposizioni
del codice civile;
6- l’obbligo di redazione di
rendiconti economico-finanziari,
nonché le modalità di approvazione
degli stessi da parte
degli organi statutari;
7- le modalità di scioglimento;
8- l’obbligo di devoluzione ai
fini sportivi del patrimonio in
caso di scioglimento

Contenuto dei verbali del Consiglio Direttivo – parte prima

Contenuto dei verbali del Consiglio Direttivo – parte prima

In caso di verifica fiscale, i verbali redatti durante le riunioni del

consiglio direttivo e dall’assemblea soci sono tra i primi documenti a

essere richiesti per verificare l’esistenza di un’*effettiva

democraticità interna*, così come previsto dalla normativa.

È  frequente che in occasione di

verifiche fiscali tale comportamento venga sanzionato.

Non di minore importanza è la delibera sulle quote che soci e tesserati

versano periodicamente, sia per saldare la quota annuale di iscrizione,

sia per partecipare a corsi e lezioni tenuti dall’associazione e

riservati ai membri del sodalizio. Anche in questo caso la modalità di inquadramento di tali somme è determinante

per evitare di incorrere in sanzioni.